Storia

STORIA DEL COMUNE DI PAVAROLO

A cura di Marco Calliero

Dalle origini al Rinascimento

Il Comune di Pavarolo è situato sul versante meridionale delle colline del Po sopra un complesso di rocce sedimentarie marine, ricche di fossili, risalente all’era Terziaria. Pavarolo si può raggiungere dalle antiche strade di Baldissero, Cordova e Bardassano, ma la strada più agevole è la statale che congiunge Chieri con Gassino. Il suo territorio è attraversato dai rivi Morto, Bossola e delle Boie, in secca per molti mesi all’anno. Il suolo è in buona parte agricolo, mentre i boschi, che ancora nell’Ottocento ne ricoprivano la quinta parte, sono oggi molto ridotti.

Il toponimo variamente indicato (Pavairolus, Pavairolius, Pavarolius) viene accostato dall’Olivieri alla voce dialettale “paver”, ovvero “giunco”, il cui uso non è però documentato in Piemonte. Nel 1034 un documento parla della località detta “Paverium”. Ma la prima citazione sicura del luogo, del suo castello e della pieve di San Secondo si fa risalire al diploma del 1047 di Enrico III; in esso l’imperatore confermava ai canonici torinesi di San Salvatore molti possedimenti in terra chierese. Assegnata nel 1164 da Federico Barbarossa a Guglielmo marchese di Monferrato, la località, di fatto, orbitò sempre attorno al Comune di Chieri che nel 1235 riconobbe “cittadini e confederati” i suoi signori locali. Pavarolo seguì le sorti del potente vicino anche quando Chieri si sottomise ai Savoia nel 1347; durante il conflitto che vide contrapposti i Savoia e il Monferrato, nell’ultimo scorcio del XIV secolo, fu assediata e conquistata dalle soldatesche di Facino Cane al servizio dei Monferrini e solo nel maggio del 1400 venne liberata dai Chieresi. Dalla pace definitiva, conclusa nel 1411, gli eventi esterni la sfiorarono sempre marginalmente. Fu poi feudo dei Simeoni-Balbis, dai quali sarebbe indi passato ai Ferrero di Ormea.

Dal Seicento ai giorni nostri

La posizione geografica di Pavarolo, luogo così vicino ad una “metropoli” come Torino, ma allo stesso tempo così defilato, appartato, quasi nascosto, ha determinato una situazione di sostanziale stallo, grazie alla quale la pace, le abitudini, le tradizioni qui si sono conservate e tramandate per secoli, senza essere turbate da nulla o quasi.

Durante la guerra di successione spagnola fu conquistata, per breve tempo, con Bardassano e Sciolze, dai Francesi. Nessuna notizia si ha della peste del 1630, che nei paesi collinari fu molto meno violenta rispetto al basso chierese. A inizio Settecento Pavarolo diviene Comune a sè stante, staccandosi da Chieri. L’assedio francese di Torino nel 1706 qui non lascia tracce documentarie, neanche il transito delle truppe austriache restauratrici che si opposero alle orde rivoluzionarie. Negli ordinati del 1767 si parla invece del feudatario di allora, l’illustrissima marchesa Ferrero di Ormea, contessa del luogo di Pavarolo (cfr. doc. ASCP 1691). Poche notizie indirette anche rispetto agli anni dell’Unità d’Italia. Molto più incisiva rispetto agli eventi della “grande storia” fu la tromba d’aria passata di qua nel 1792. Anche i documenti, pochi peraltro fino all’Ottocento, confermano questa condizione se vogliamo “privilegiata”, turbata in maniera tangibile solo durante la Seconda Guerra Mondiale.

Nella Pavarolo di fine Ottocento tenevano banco alcune questioni locali, molto più sentite. Ad esempio, quella per decidere se dotare o no di una nuova scuola la frazione Tetti Varetto, così come auspicato dal famoso “lascito Varetto” del 1887 (cfr. doc. AEAP 2). Ne derivò una controversia tra gli abitanti del “capoluogo” e quelli della frazione, sfociata addirittura in una rissa nel 1902 allorquando quei di Tetti Varetto manifestarono desideri di secessione, chiedendo cioè di entrare a far parte del Comune di Bardassano. Altrettanto vivace e ricca di documentazione (cfr. doc. ASCP 1058) la questione dello stagno esistente sotto la torre comunale. Nel 1902 il prefetto di Torino propose di colmarlo, per questioni igieniche, ma la popolazione insorse adducendo all’utilità di tale acqua per coltivazioni e bestiame. Egli propose allora la trivellazione di un nuovo pozzo, ma il sindaco di Pavarolo si oppose dicendo che era sufficiente l’incremento dello sfruttamento di quello esistente in località Olmetto. Alla fine, si giunse alla decisione di scavare un nuovo pozzo nel centro del paese, e questo fu nel 1903: venne costruito nel cortile della scuola materna, e fornito di una pompa idraulica che rifornisse il nuovo abbeveratoio-lavatoio sottostante, forse lo stesso ancor oggi visibile presso la torre civica (cfr. doc. ASCP 1059).

Poi arrivarono le guerre mondiali. Così si rilevano le partenze dei giovani pavarolesi per il fronte, le indagini per rilevare eventuali presenze “non ariane” (cfr. doc. ASCP 931), etc. Un comunicato del 19 sett. 1948 (cfr. doc. ASCP 839) dichiara che durante la guerra si era verificata una sola incursione aerea notturna, il 21 nov. 1942, durante la quale numerosi spezzoni incendiari caddero in campagna ma anche nel concentrico del capoluogo. Nessun danno ad abitazioni e persone, solamente un’azienda agricola colpita con distruzione della stalla-fienile. Dopo il triste bilancio della Seconda Guerra Mondiale e insieme quello della guerra civile tra fascismo e antifascismo, Pavarolo si avviava a riprendere finalmente il proprio tranquillo cammino.

Arte e monumenti

Il castello che domina la collina di Pavarolo è un’imponente costruzione militare risalente al XIV secolo. Già esistente nel XI secolo, fu proprietà dei Segnorino a fine Duecento, poi venduto ai Ghirardo, e passato ai Vastapane a inizio Seicento. Modificato nel corso dei secoli con l’adattamento dell’architettura da fortificata a residenziale, si vide privato di elementi caratterizzanti come le merlature e le antiche finestre ad arco acuto (di cui sono ancora rilevabili le tracce), sostituite da una serie di finestroni rettangolari. Rimane peraltro la base della bertesca, ossia la torretta pensile cilindrica munita di feritoie posta in capo ad uno spigolo del castello. Persa definitivamente la sua funzione difensiva, nel 1835 era posseduto per metà dal sig. notaio e causidico Giovanni Lorenzo Bosco, del fu speziale Ludovico (cfr. doc. ASCP 2074, pagg. 238 e 250), il quale segnalava in coerenza verso mezzogiorno “li siti pubblici” (vale a dire la sede comunale). Passa poi dalla “contessa Gloria”, e nel 1881 dai Debenedetti ai Pansoia; nel 1884 viene venduto alla contessa Garneri, che nel 1920 lo cede ad un gruppo di uomini di San Mauro Torinese. Questi nel 1924 lo vendono infine agli attuali proprietari, gli Zavattaro Ardizzi.

Immagine che contiene aria aperta, edificio, finestra, cielo

Descrizione generata automaticamente

Castello di Pavarolo – Fronte meridionale dell’edificio

Ai piedi del castello si innalza, isolata dagli edifici circostanti e poco distante dalla sede del Comune, la torre simbolo del paese, rappresentata anche nello stemma comunale. L’edificio, che presenta alla base un passaggio dal quale si diparte una scalinata, ha dato adito a diverse congetture circa la sua origine e la sua funzione (torre di difesa, porta d’accesso al recinto che circondava il borgo, etc.); di certo nel XVIII secolo, o forse anche precedentemente, fu trasformato in campanile e dotato di orologio.

Immagine che contiene edificio, torre, aria aperta, cielo

Descrizione generata automaticamente

      Torre situata presso la Casa comunale.

A pochi passi dalla torre si trova la chiesa di Santa Maria dell’Olmo, dapprima pieve e poi eretta a parrocchia dal 1781. L’edificio barocco a tre navate sorge probabilmente nel sito della primitiva parrocchiale di San Secondo. Il santo è rappresentato in un affresco dipinto sulla volta della navata centrale, che presenta sullo sfondo Pavarolo, riconoscibile per i suoi monumenti caratteristici (castello, torre, chiesa); la vergine dell’Olmo invece è raffigurata in un quadro posto dietro l’altare maggiore.

Percorrendo via Maestra, dove le case del centro storico si susseguono con continuità lungo un asse principale, troviamo vari edifici di rilievo storico o commerciale, tra cui gli alberghi del Castello e Allegria, la settecentesca villa Enrichetta, casa Casorati. Proseguendo sulla via Maestra si giunge alla cappella di San Sebastiano o San Rocco (che conserva al suo interno un cristo crocifisso in ferro, opera dello scultore Romano Campagnoli), dalla quale è possibile raggiungere tramite l’anello di via Mondo e via della Canonica il parco della Rimembranza, dedicato ai caduti della Patria.

Nel territorio sono anche presenti, oltre a numerosi piloni votivi, la cappella di San Defendente, con campanile del secolo successivo, e costruita intorno alla metà del Seicento presso la borgata “Tetti Varetto”; inoltre la cappella di San Grato, un tempo luogo di gran devozione, ma che oggi versa in precarie condizioni.

Economia e popolazione

La popolazione di Pavarolo, in calo fino al 1970 per emigrazione e inurbamento, ha conosciuto in anni recenti un vertiginoso aumento, dovuto alla fuga di molti Torinesi dalla città, e collegato ad una notevole espansione edilizia. Qui, come del resto in molti altri Comuni italiani, forme più o meno giustificate di speculazione, esigenze di sopravvivenza dell’Ente e mancanza di un’appropriata cultura del territorio hanno prodotto danni difficilmente recuperabili. Così disposizioni importanti, come la circolare del 1964 diramata dalla Soprintendenza ai monumenti del Piemonte (cfr. doc. ASCP 1109), con oggetto “Disciplina del servizio per la pianificazione urbanistica”, sono state sostanzialmente ignorate.

Il settore produttivo prevalente è rappresentato dall’agricoltura, che per la sempre maggiore meccanizzazione, occupa ormai solamente un terzo della popolazione, e quella meno giovane. Buona la produzione cerealicola e orticola, mentre è in aumento la coltivazione della vite. Ai prodotti più in voga nel secolo scorso, ossia il grano e le pesche, oggi è subentrata la “susina purina”, altrimenti conosciuta come “prugna di San Giovanni”. A questo frutto è dedicata una festa che si tiene l’ultima domenica di giugno presso la piazza della borgata San Defendente. Si allevano suini per produzioni industriali, sono presenti imprese di tipo artigianale ed è sviluppato il commercio.

Luogo privilegiato per la bellezza del suo panorama, caratterizzato da campi coltivati, boschi di latifoglie, prati, vigneti, è stato scelto come luogo di soggiorno da molti pittori; è celebre soprattutto perché vi dimorò e lavorò a lungo il pittore Felice Casorati, uno dei più insigni artisti del Novecento.

BIBLIOGRAFIA

  • Enrico Bassignana, “Pavarolo”, Pavarolo, 1990.
  • Goffredo Casalis, “Dizionario geografico, storico-artistico-commerciale degli Stati di S.M. il re di Sardegna”, Torino, 1846, vol. XIV, pagg. 279-280.
  • “Il Piemonte paese per paese”, Editrice Bonechi – Firenze, 1995; vol. 5, pag. 262.
  • documentazione varia tratta dall’Archivio Storico del Comune di Pavarolo.